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SILVER - PLATE


Generalità

Close Plating (argentatura a fuoco dell'acciaio)

French Plating (argentatura a fuoco del bronzo)

Old Sheffield Plating (argentatura a fuoco del rame)

Fused Plating (argentatura a fuoco del rame)

Electroplating (argentatura galvanica)

Electroforming (riproduzione per via elettrolitica)

Electrotyping (riproduzione per via elettrolitica)


GENERALITA'


Sebbene i manufatti in metallo argentato (il cosiddetto silverplate) non siano l’oggetto del presente sito, è comunque essenziale conoscere gli aspetti fondamentali di questo particolare settore di collezionismo, almeno per quanto concerne il Regno Unito, al fine di poter distinguere tra questi e quelli realizzati in argento massiccio.

Il termine silverplate individua in maniera generica un manufatto realizzato con un metallo non nobile (es. rame o ferro) o una lega metallica (peltro, alpaca, ottone, ecc.), rivestito in argento, indipendentemente dalla tecnica che è stata impiegata per ottenere questo risultato.

Nel corso degli anni si sono succedute varie tecniche rispondenti a questo scopo e, quindi, per poter comprenderle in maniera esaustiva occorre descriverle puntualmente in ordine cronologico.

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CLOSE PLATING E FRENCH PLATING



Una particolare tecnica in uso fin dal XVIII secolo è il cosiddetto close plating che permetteva di ottenere manufatti in ferro o acciaio rivestiti in argento. Questa tecnica (contrariamente al più noto old sheffield plating che discuteremo più avanti) non aveva lo scopo di risparmiare sull’elevatissimo costo di mercato dell’argento, ma semplicemente quello di poter realizzare oggetti che avessero, per il loro particolare utilizzo, una resistenza più elevata di quello dell’argento sterling. Questa tecnica, impiegata principalmente per piccoli oggetti, sovente destinati al taglio (smoccolatoi per candele, lame di coltelli, ecc.), consisteva nel rivestire un’anima di ferro o acciaio con argento. Siccome è impossibile far aderire direttamente l’argento al ferro, il manufatto veniva preparato per trattamento con decapanti (per togliere la sporcizia ed il grasso) e quindi trattato con particolari sostanze (solitamente sali d’ammonio), atte a preparare la superficie alle fasi successive del processo. Il pezzo veniva poi ricoperto con stagno fuso e, prima che questo solidificasse, vi si faceva aderire un sottile foglio di argento (di spessore leggermente inferiore ai fogli di alluminio utilizzati in cucina). Dopo solidificazione il tutto veniva rifinito e lucidato.

Molti di questi oggetti (quasi tutti databili nella prima metà del 1800) sono marcati in modo molto caratteristico: il luogo degli hallmarks che si rinvengono sull'argento massiccio si trovano marchi di fantasia costituiti da simboli, anche di derivazione alchemica, lettere e, in qualche caso, il nome completo dell’argentiere diviso in due parti (il tutto da l’impressione visiva di una serie di marchi come quelli utilizzati sull’argento,).

 Smoccolatoio Londra circa 1816 vedi la descrizione

Alcuni pezzi erano marcati P.S. (plated still), con un marchio marchio molto simile a quello del notissimo argentiere Paul Storr che con il close plating non ha mai avuto nulla a che vedere. Questa particolarità ha indotto in errore, attribuendo improbabili oggetti al noto argentiere, non solo profani collezionisti, ma anche esperti di tutto rilievo.  

 

Sopra: Tipici marchi utilizzati per l'acciaio placcato argento (PS: plated steel) dall'argentiere Londinese Savory.

Sotto: Marchi di Paul Stoor (notare l'impressionante somiglianza del marchio PS)

Verso la fine del XIX secolo si è trovato il modo di produrre il close plating mediante argentatura galvanica ottenuta rivestendo il pezzo prima con nichel, poi con rame ed infine con argento. Questi oggetti (soprattutto lame di coltelli per il pesce) erano spesso marcati con EP (Electro Plated). Anche in mancanza di marchi identificare il close plating è relativamente semplice in quanto l’oggetto, avendo un’anima di acciaio, viene attratto da una calamita.

Una tecnica simile al close plating, è il cosiddetto French plating, utilizzata per argentare a fuoco manufatti in bronzo. Questa tecnica è stata utilizzata soprattutto nel XVIII secolo per candelieri, porta spezie, vassoi e zuppiere. E’ comunque quasi impossibile venire in contatto di simili oggetti con l’argentatura (o tracce di essa) ancora presente.

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OLD SHEFFIELD PLATING O FUSED PLATING


Molto più noto è il cosiddetto old sheffield plate, o fused plate, termini con cui si identifica una tecnica di produzione di lastre di rame ricoperte con argento mediante l’azione del calore (i manufatti ottenuti per argentatura galvanica, di cui parleremo più avanti, non possono essere chiamati con questo nome).

Anche se esistono evidenze fin dal medioevo sulla possibilità di ricoprire il rame con argento (pratica da sempre associata ai falsari), la scoperta ufficiale della possibilità di far aderire il maniera molto tenace rame ed argento (due metalli appartenenti allo stesso gruppo del sistema periodico e quindi molto affini fra loro) è attribuita, nel 1743, all'argentiere di Sheffield Thomas Boulsover, da cui il nome della tecnica. Boulsover non comprese appieno la potenzialità e l’importanza della scoperta, utile per produrre manufatti a basso costo e, quindi, aprire nuove opportunità di mercato tra la piccola e media borghesia. Infatti sebbene i tempi di preparazione della materia prima e la lavorazione dei manufatti fossero più lunghi di quelli per la realizzazione di un simile oggetto in argento, il basso costo del metallo compensava abbondantemente il maggior impegno manuale.

Gli oggetti venivano realizzati alla stessa maniera di quelli in argento (a parte le rifiniture che sono molto più problematiche) partendo da lastre prodotte industrialmente con una tecnica molto particolare. Nei dettagli,  una lastra o lingotto di rame (contenente piccole quantità di zinco e piombo), veniva pulita e sgrassata e sopra vi si posizionava una lastra di argento sterling che, dopo essere stata ricoperta con una ulteriore lastra di ferro, veniva martellata per farle aderire al rame. La lastra di ferro veniva rimossa e l’argento cosparso di polvere di calcare e ricoperto con una nuova lastra di rame (questa operazione aveva lo scopo di evitare il contatto dell’argento con l’ossigeno atmosferico nelle successive fasi di lavorazione). Il tutto veniva posto in un forno e scaldato fino a quando l’argento cominciava a colare sui bordi della lastra di rame. Dopo rimozione dal  forno, il tutto era pulito e la lastra di rame a cui l’argento aveva aderito inviata alla laminazione. Dal 1763 sono state prodotte lastre di Old Sheffield con argento su entrambe le superfici, e dal 1768 anche fili.

Le prime produzioni erano limitate e rivolte principalmente a scatole per il tabacco e bottoni. Un importante incremento di produzione si ha dal 1750 ad opera di Joseph Hancock di Sheffield e dal 1760 ad opera di Tudor e Leader.

Prima dell’introduzione della lastra a doppio foglio di argento, era comune saldare due pezzi di lastra dalla parte di rame, soprattutto per vassoi e coperchi, sia per problemi di consistenza, ma anche di difficoltà di stampaggio di lastre di grosso spessore. Per nascondere i bordi, dove il rame era ben visibile, la lastra veniva ritorta e ribattuta, oppure venivano stampati pezzi costituiti da due parti separate che erano poi saldate nascondendo i bordi di rame. Le parti interne (ma in qualche caso anche i bordi) venivano ricoperte di stagno e col tempo tendevano ad assumere una patina grigia molto più scura delle superfici in argento. Dal 1785 i bordi venivano anche  ricoperti con argento fuso.

L'incisione, molto diffusa alla fine del 1700, non era praticabile sui manufatti in old sheffield senza rischiare di mettere a nudo il rame sottostante, per cui veniva utilizzata una tecnica alternativa di lavorazione a flat chasing o cesello a piatto (in pratica uno lavorazione a sbalzo molto contenuta) . A partire dal 1790 il problema viene risolto inserendo nell'oggetto una placca in argento sterling sulla quale veniva poi eseguito il lavoro di incisione; dal 1810 la tecnica viene perfezionata saldando a fuoco un sottile foglio di argento.

Dall’inizio del 1800 si diffuse la moda dello sbalzo molto elaborato e vistoso e ricco di decorazioni. Le tecniche di produzione dell’old sheffield si adeguarono diventando sempre più raffinate e le decorazioni si ottenevano riempiendo di piombo sottili lastre d’argento stampate nella forma desiderata e poi saldate agli oggetti.

I primi oggetti realizzati in old sheffield non venivano marcati. Nel terzo quarto del 1700 vennero introdotti marchi simulati applicati a martello che però caddero ben presto in disuso. Dal 1784 un atto del parlamento impose la registrazione presso l’Ufficio di Controllo di Sheffield di appositi marchi costituiti da simboli e dal nome dell’argentiere scritto per esteso, oltre che da un numero di modello (spesso considerato erroneamente da alcuni collezionisti come la data di produzione). Poche sono però le adesioni a questo nuovo sistema e nulla accadde fino a tutto il primo quarto del 1800. 

 

Tipici marchi di Matthew Boulton (sole) di Birmingham in uso dal 1784

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ELETTROPLATING



Ma la storia e la tecnologia dell’old sheffield aveva ormai i giorni contati. Nel 1834 il chimico e fisico inglese Michael Faraday scopre le leggi dell’elettrolisi e ben presto, nel 1840, Elkington di Birmingham ottiene i primi brevetti per l’argentatura galvanica (electroplating) dei metalli. Molti produttori si convertirono alla nuova e più economica tecnologia e molti altri chiusero ben presto i battenti. Si pensi che la diffusione di oggetti ottenuti per ricopertura galvanica di argento ebbe uno sviluppo estremamente veloce, tanto che nella famosa Great Exhibition di Londra del 1851, voluta dalla Regina Vittoria e dal Principe consorte Alberto, praticamente tutti gli oggetti argentati esposti erano ottenuti con la nuova tecnologia.

Il maggiore artefice di questa tecnologia è stato sicuramente Elkington & Co. (vedi l'articolo: Due argenti di qualità di Elkington & Co.)

La tecnica di ricopertura galvanica consiste nell’applicare una differenza di potenziale tra due elettrodi: un catodo, costituito dall’oggetto da argentare, ed un anodo, costituito da una lastra di argento puro, entrambi immersi in una soluzione acquosa di elettrolita (solitamente cianuro d’argento): l’anodo si scioglie progressivamente nella soluzione e l’oggetto che costituisce il catodo viene ricoperto di argento. Alla fine del processo il pezzo appare di colore bianco latte e deve essere lucidato, processo che provoca il parziale distacco dell’argentatura (di consistenza porosa) che, essendo di argento a titolo 1000/1000 è estremamente soffice e delicata. L’argentatura è uniformemente distribuita su tutte le parti dell’oggetto e le operazione di finitura sono quindi quasi del tutto superflue. Non solo, ma non è nemmeno necessario preparare il fondo in modo scrupoloso togliendo i residui delle saldature come invece doveva essere fatto con l’old sheffield. Il risultato è che, a partire dal 1850, vennero prodotti una quantità impressionante di oggetti argentati per via galvanica e la loro qualità scadde profondamente ed inesorabilmente, tanto che al giorno d’oggi non è quasi possibile trovare un oggetto d’epoca con l’argentatura originale ancora integra. I pezzi di periodo vittoriano commercializzati hanno quasi sempre subito riparazione e riargentatura. Per la verità qualche sforzo fu fatto nell’intento di produrre oggetti di qualità e più resistenti all’uso ma i difetti di base di questa tecnologia non sono mai stati completamente eliminati. Inoltre il metallo base cambiò ben presto: tra i più utilizzati vi sono il nichel, poi il nickel silver o German silver, una lega a base di nichel, zinco e rame della famiglia della nostra argentana o alpaca, e, in seguito, il white metal o britannnia metal (da non confondere con il britannia standard dell’argento), una lega simile al peltro, a base di stagno con piccole aggiunte di antimonio e rame. Queste nuove leghe avevano anche la prerogativa di essere dello stesso colore dell’argento e di nascondere le eventuali perdite di argentatura.

L'editto del 1784 sulla marcatura degli oggetti in old sheffield non si applicava al nuovo tipo di produzione e non era nemmeno indispensabile registrare il proprio marchio, cosicché gli argentieri si sbizzarrirono ad inventare marchi di fantasia (cosiddetti pseudo-hallmarks) che richiamavano a colpo d’occhio una serie completa di marchi dell’argento sterling.

 

Pseudo hallmarks raffiguranti simboli e lettere su oggetti argentati per via galvanica nel periodo vittoriano

Per evitare confusioni e frodi, a partire dal 1896 tutti gli oggetti argentati per via galvanica dovevano portare la scritta EP (Electro Plated), EPNS (Electro Plated Nickel Silver) o EPBM (Electro Plated Britannia Metal), questi ultimi erano generalmente quelli di qualità più scadente.

 

Marchi in uso dopo il 1896 indicanti che il pezzo è stato argentato per via galvanica su nickel silver (EPNS) o britannia  metal (EPBN). La scritta A1 nella foto a sinistra indica che l'argentatura ha uno spessore di 40 mm invece degli usuali 25

Un'alternativa alla tecnica di deposizione elettrolitica è stata messa a punto e brevettata da J. Prime di Birmingham nel 1844 ed utilizzata dei discendenti Thomas Primes & son tra il 1844 ed il 1894. Si tratta di una tecnica di deposizione magnetica di argento ("magnetic plating"), che prevede l'utilizzo di campi magnetici e bagni appositi, ma non l'impiego diretto dell'elettricità.

Marchi di Thomas Primes & Co su un oggetto argentato per con argentatura magnetica

Saper discriminare tra oggetti in old sheffied plate ed Eloctro Plate è fondamentale, essendo i primi molto rari e di elevato valore di mercato. Si deve tenere presente che il metallo base dell’old sheffield è una lega a base di rame dal colore rosso mattone tendente al bruno: con l’uso gli oggetti tendono ad esporre il metallo base ed appaiono tratti colorati di rosso bruno (bleeding).

 

Bleeding, affioramenti della base in rame a seguito della ripetuta pulizia dell'old sheffield e dell'usura.

I rari pezzi argentati galvanicamente con base in rame, marcati dal 1896 con EPC (Electro Plated Copper) mostrano il metallo sottostante (che e rame puro) di color rosso più vivo. Inoltre gli oggetti in old sheffield presentano rifiniture effettuate con altri metalli (specialmente stagno) che assumono col tempo un colore più scuro dell’argento e le parti interessate dalle saldature (per le quali si utilizza una lega d’argento ad elevato contenuto di rame) appaiono di colore giallastro. Gli oggetti argentati per via galvanica si presentano invece uniformi nel colore (a meno di perdite evidenti di argentatura) in tutte lo loro parti. Si deve tuttavia tenere presente che molti oggetti in old sheffield possono avere subito una argentatura galvanica posticcia.

I manufatti un EPBM hanno un suono sordo se percossi ed il metallo è bassofondente (non possono quindi essere scaldati direttamente sul fuoco). Quando l’argentatura si abrade il metallo sottostante appare di colore grigio scuro.

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ELECTROFORMING O ELECTROTYPING


Un’ultima tecnica che vale la pena di citare è L’electroforming (elettroriproduzione), chiamata anche electrotyping (elettrostampaggio). Questa consiste nel ricavare un calco di un oggetto con l’utilizzo di gomme speciali, che viene poi utilizzato come stampo. Lo stampo viene ricoperto di grafite nelle parti che si desidera conducano l’elettricità, oppure, se realizzato con gomme conduttrici, vengono isolate le parti da non rivestire in argento. Lo stampo è poi utilizzato come catodo in un bagno galvanico. Applicando una differenza di potenziale l’argento si deposita sullo stampo creando una perfetta copia (almeno nella parte esterna) dell’oggetto di partenza. Il processo termina quando si era raggiunto lo spessore di argento desiderato. La parte interna dell’oggetto (quella non a diretto contatto con lo stampo) appare però irregolare e rugosa il che ne permette, unitamente alla morbidezza inusuale dell’argento (che ovviamente è a titolo 1000/1000), un agevole riconoscimento.

In molti casi questa tecnica serviva per riprodurre oggetti realizzati in metalli non preziosi (es. rame) che poi venivano argentati elettroliticamente.

Questa tecnica, brevettata da Elkington verso la metà del 1800, è stata utilizzata per riprodurre scatole e parti di oggetti in argento che venivano rivestiti all’interno con tela o legno.

La tecnica ha avuto anche applicazioni accademiche per permettere lo studio approfondito di oggetti molto rari. Ad esempio nel 1853 Elkington ricevette una commessa dal Ministero dell'Istruzione e delle Scienze inglese per la riproduzione a fini didattici di oggetti conservati al South Kensington Museum (oggi Victoria & Albert Museum). Ancora, un gran numero di argenti di periodo Elisabettiano (XVI secolo) conservati al Museo del Cremlino sono stati riprodotti alla fine del XIX secolo utilizzando questa tecnica. Molte di queste copie sono ancora oggi conservate e visibili nella Silver Gallery del Victoria & Albert Museum di Londra.

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